Un successo

Marzo 2023, Modena

Condivido la mia esperienza di arboricoltore "hobbista":

partendo da spoglio terreno agricolo di circa un ettaro, in pianura, nel 1992 decido di piantumare/lasciar crescere bosco.

Vediamo che è successo.

Le piante, per lo più, vogliono sole, terreno fertile e acqua. Anche affetto e amici.

IL SOLE

Di sole ce n'è e ce ne sarà abbastanza a lungo.

IL TERRENO

Qualsiasi terreno raggiunge il massimo della sua potenziale fertilità in quell'ambiente che noi chiamiamo foresta vergine.

Nella pianura padana, gli ultimi lembi di foresta vergine sono stati dissodati in epoca romana.

Dopo secoli di sfruttamento agronomico, seppure con pratiche  vagamente conservative come rotazioni, messa a riposo temporaneo ecc, la fertilità dei terreni agricoli è bassa. Evitare di confondere fertilità e resa annua, concetti che non c'entrano un cazzo uno con l'altro. Situazione peggiorata con la meccanizzazione, al punto che dovremmo ogni volta stupirci del miracolo strabiliante delle piante, capaci di crescere in una specie di deserto di terra macinata e rivoltata.

 

I MAGNIFICI 3: Clo, Ill, Cao

I magnifici 3 li conoscono tutti, sicuro. 

Ognuno di noi ne calpesta almeno qualche migliaio di migliaia ogni santo giorno.

C'è persino un detto popolare,

" T'e fureb damant la smelta"

😁🤣🤣

E in dla smelta ag ne' dimandi… di qualcuno dei magnifici tre.

Non nascono direttamente dal fuoco della terra:  sono come farfalle, generati dalla metamorfosi d'altro.

Sono fragili, sottili e teneri. Si raggruppano nella massa, tra piccoli ed umili. 

(la famosa "smelta" 😏)

I magnifici tre sono indispensabili alla vita.

Sono la miglior banca dell'acqua: quando ce n'è tanta, la trattengono. Quando scarseggia, la rilasciano. 

(sempre sta "smelta" 😁)

Il calore li trasforma, li plagia, facilmente unendoli: l'uomo conosce questa magia da millenni.

😳

(e in quest'ultima storia ci ho trascorso 4 anni, per fortuna finiti, per sempre😜)

 

 

Nella mia proprietà il terreno è argilloso di medio impasto: vent'anni fa eseguii personalmente un'analisi granulometrica ma non ricordo i dettagli dei risultati. Diciamo argilloso ma non troppo. Buono.

Buona profondità del terreno, circa 4 metri, al di sotto si trovano strati di ghiaia e sabbia: depositi fluviali del  fiume Secchia, il cui alveo dista oggi circa 2 km. Il livello del fiume rimane da almeno quarant'anni 3-4 metri sotto il piano campagna.

IL CLIMA

Clima temperato con estati secche e precipitazioni concentrate nelle stagioni intermedie.

Ho l'impressione che quarant'anni fa il clima fosse mediamente più freddo: d'inverno il ghiaccio si calpestava di sicuro, abbastanza frequentemente. C'era spesso la nebbia. Negli ultimi anni il ghiaccio è raro e la nebbia sparita.

ACQUA: DAL CIELO, DAL FIUME, DA SOTTOTERRA

Nel corso della storia, la quantità d'acqua disponibile nella  provincia di Modena ha attraversato alti e bassi. Esistono testimonianze che raffigurano la zona e la città come una specie di Venezia, un groviera di canali e porticcioli. Gli ultimi sono stati tombati nel secolo scorso ed oggi non ve n'è traccia visibile.

Qui dove abito le precipitazioni attualmente viaggiano intorno ai 600-800 mm/anno. Pochine.

Almeno durante le epoche storiche recenti, i terreni della alta pianura modenese sono sempre stati irrigati durante la stagione estiva: usando l'acqua del fiume da prese a monte, prima; coadiuvati da pozzi locali poi.

Il reticolo di canali e fossi è ancora capillare e serve anche il mio terreno.

In generale, tale reticolo è sempre meno usato e manutenzionato. (il famoso rapporto costi-guadagni). L'acqua va alla bassa, si diceva. Anche la terra va alla bassa e senza manutenzione, i fossi tendono a chiudersi, riempiendosi pian piano di terra.

Le vecchie case rurali risalenti a metà/fine '800 erano spesso dotate di piccolo pozzo privato, magari in secca durante l'autunno. All'esterno delle abitazioni erano comuni le "pozze", micro laghetti artificiali, poco profondi ed estesi da pochi metri a qualche decina: una scorta d'acqua collegata al reticolo di fossi.

Dalla metà del secolo scorso, con l'espandersi capillare della rete idrica moderna, acqua già potabile arrivò nelle case di (quasi) tutti, disponibile girando una rotellina: le pozze diventarono inutili.

I piccoli antichi pozzi privati, spesso situati all'interno delle case, vennero convertiti a  scarico dei cessi; la rete di fossi passò da infrastruttura vitale a rottura di coglioni.

Nel mio terreno, il primo acquifero utile per pozzi lo si raggiunge trivellando sino a -40m. Per essere sicuri di pompare acqua tutto l'anno bisogna raggiungere i -80m.

L'acqua distribuita dall'acquedotto, proveniente da pozzi profondi 120 metri, ha una conducibilità di 1200-1400 nonricordol'unita'dimisura. Cioè è terribilmente "salata", ricca di sali. Per confronto, diciamo che un'acqua considerata leggera sta attorno ai 400. I limiti di legge sono ora a 1600. Li alzeranno.

La durezza dell'acqua è molto elevata: c'è un dacco di calcare. Ci sono tracce e più di roba che se non ci fosse, sarebbe meglio.

Fin qui ho cercato di descrivere le condizioni ambientali cui sono sottoposte le piante nel mio boschetto, ciò che i forestali chiamano "stazione".
Pianura, clima temperato, temperatura minima invernale boh? in lenta risalita sopra lo zero, precipitazioni scarsette soprattutto nel periodo estivo, terreno abbastanza profondo e potenzialmente fertile, molto drenato. Già così è intuitivo capire che la possibilità o meno di irrigazione estiva è un fattore limitante. Cioè d'estate bisognerebbe irrigare, meglio con acqua del vicino fiume: si può fare, i fossi e canali ci sono, evidenze storiche mostrano che è stata pratica comune, QUANDO LA PORTATA DEL FIUME LO HA PERMESSO.
 La falda sotterranea è già sovrasfruttata e mostra inquietanti valori di salinità.

I CRITERI DI SCELTA E GESTIONE DELLE PIANTE
Le primissime piante le mise a dimora mio padre, nel 1990 circa, cercando di ricreare il paesaggio agricolo di quando era giovane. Piantò:
- una fila di olmi (probabilmente Ulmus campestris)
-una fila mista olmi,querce (Quercus pubescens? sicuramente non rovere), opi (Acer campestre)
-  un tris bagolaro (Celtis australis), acero x, betulla (qui si è sbizzarrito).

All'epoca avevo vent'anni e studiavo geologia, di piante ne sapevo zero barrato. Il progetto mi piaceva e decisi di portarlo avanti. Dal 1992 in poi, per circa quindici anni, ogni inverno piantavo alberi. 10, 20,100,200 a volta.

All'inizio compravo alberi, a volte anche grandicelli, sulla base di criteri estetici: mi piace, non mi piace. Un errore madornale.

Misi qualche cedro (Cedrus libanii), tigli, acero montano, negundo, rubra, pseudoplatanus, saccharum; bossi, tassi, una bella siepe di Chamaecyparis molto in voga in quegli anni (i "cipressini" da potare in squadro, ricordate? CHE STRONZATA), ancora qualche betulla.
Una remota scintilla di intelligenza mi frenò dal mettere faggi e castagni. Forse fu il vivaista. Magra consolazione.

Un paio di volte l'anno davamo il rame.
All' inizio gli alberi erano molto radi e intorno tagliavamo l'erba da fieno.
Usavo letame di cavallo come concime nei pressi delle piante. Una volta l'anno facevamo venire l'acqua dai fossi e posizionando opportunamente le chiuse, in 10-12 ore il campo era completamente allagato. Lavoro eseguito!.

Poi mi appassionò il filone dell'agricoltura biologica e studiai anche alcuni testi di selvicoltura.

Misi alberi da frutto: meli, peri, prugni, albicocchi, cachi, nespoli, melograni, corbezzoli, noccioli, ciliegi, duroni, amarene, pam lazarol, marusticani, fichi.
All'inizio trattavo le piante da frutto due volte l'anno con rame e diverse volte, nella bella stagione, con prodotti a base di piretro per combattere gli afidi, che erano un vero flagello.

Presi l'abitudine di trapiantare piccoli alberi che trovavo in giro. Scoprii con meraviglia che alcuni semi germogliano molto facilmente (noce, quercia) mentre altri è parecchio più difficile (dormienza).

Fu poi il periodo delle piante già abbastanza centrate ecologicamente e "utili" da legno, legno buono da bruciare o da opera. Piantai altri olmi, querce, bagolari, frassini (Fraxinus minor), noci (Jugland regia), gelsi.

Le piante cominciarono a riempire gli spazi. Mio padre smise di fare il fieno e cominciai a gestire il sito come un parchetto "naturale", tagliando l'erba solo lungo alcuni piccoli sentieri.

Un anno piantammo una lunga e larga siepe perimetrale, alternando biancospini, pyracanta, opi, sambuco, querce e carpini bianchi.

Un altro anno aderimmo al "Progetto siepi" dell'Unione Europea e ci furono fornite gratuitamente 250 piantine forestali tra cui quercia, sambuco, frassino minore, gelso bianco e nero, prugnoli, rose selvatiche, noccioli e probabilmente altri.

Un anno ci fu una vera invasione di grilli, in autunno si accalcavano sull'uscio di casa la sera.
Un altro anno fu la volta delle blatte.
Un altro ancora l'invasione di piccoli vermetti che non ho saputo identificare.
Sempre accalcati sull'uscio di casa, la sera, in autunno.

Un anno, infine, le zanzare erano così fastidiose che feci due trattamenti estensivi con prodotti chimici. Ne seguì un silenzio così completo che giurai a me stesso di non farlo mai più.

Smisi di fare qualsiasi tipo di trattamento chimico. Sarà un caso, ma ora è pieno di uccellini, gli afidi sono così pochi e soli da fare tenerezza, le strane invasioni sono finite.

L'anno 2020 lo ricorderò come quello senza zanzare. Nulla, zero, nessuna. Evento unico, inspiegato.

Negli ultimi anni il boschetto è diventato fitto. Mio padre è morto ed ho irrigato solo e da solo, in casi estremi. Le piante si propagano da sole e non ne compro quasi più, al limite le sposto.

L'estate 2022 è stata molto siccitosa ed è stato il primo anno che NON ho irrigato, pur constatando terreno secco e piante in sofferenza. Dopo trent'anni di "rimboschimento" l'aspetto del terreno è molto migliorato ed ho deciso di mollare le redini.

Lo scorso inverno, 2022, ho trapiantato bagolari, olmi, un paio di querce e frassini minori, amarene. Ho acquistato olivi, giuggioli, ginestre e gelsomini. Poi tanti fiori che forse non dureranno ma non mi importa.


Nei prossimi paragrafi tirerò le somme, specie per specie, cercando anche di valutare spannometricamente l'evoluzione del terreno e della micro area ecologica. Forse qualcuno ha già capito.

Sono laureato in geologia ma all' inizio di piante non sapevo nulla. La pratica costante, unita allo studio su testi di giardinaggio, selvicoltura, agricoltura biologica, da ultimo testi sui funghi e i libri di Fukuoka, mi permettono di dire che qualcosa ho capito.

All'inizio le motivazioni erano vaghe. Mi piacevano la natura, gli alberi e l'ombra. Non ho mai avuto finalità economiche, al più ottenere un po' di legna ogni tanto.

RISULTATI
Ora la mia visione è cambiata, più a fuoco direi. Vedo il bosco come organismo complesso unitario, interconnesso con l'ambiente. Il bosco continua sottoterra per diversi metri di profondità. È organismo che può fare tranquillamente a meno dell'uomo, NON è vero il contrario: l'uomo ha bisogno del bosco.

Nel corso degli anni, tantissime piante sono seccate. Abito con famiglia presso il sito dal 2008, abbiamo in casa una stufa che usiamo molto e NON abbiamo mai comprato legna. Tutta da alberi seccati o minime potature.

A proposito, le piante NON amano le potature. Tagliare dei rami verdi è unicamente nostra esigenza, per ottenere più frutta, per motivi di spazio, per pantomine estetiche, per stupidità. Decenni addietro nelle campagne e città si potava tutto anche perché la gente USAVA ogni singolo grammo di legna. Le piante potate hanno vita più breve.

Per migliorare la fertilità del terreno, bisogna lasciare lì ogni cosa che vi è cresciuta: sfalci, ramaglie, RADICI. Quando si secca una pianta, ho l'esigenza di recuperare tutto il legname possibile, da stufa o da opera (sono falegname); però la ceppa la lascio sul posto, così come la raglia più piccola.

Nel tempo, queste pratiche hanno dato effetti visibili sul terreno. Cercherò di spiegarlo con un'immagine.
 All'inizio, il terreno era duro e spoglio: dall'alto in basso, aria-filino d'erba-duro terreno argilloso-qualche radichetta.
 Ora la sequenza è aria-pianta-arbusto-filino d'erba-strato di foglie e rametti indecomposti-strato di humus-morbido terreno argilloso- intricata rete di radici, radichette e ife fungine.

Capita la differenza?
E non ho preso in considerazione animaletti, insetti, vermi e lombrichi, batteri e un'altra miriade di forme di vita.
Non ho preso in considerazione la produzione di ossigeno, l'accumulo visibile e nascosto di CO2, la funzione di trattenimento e purificazione dell'acqua piovana, la gioia che provo nel viverci dentro.

Le piante più anziane non arrivano a quarant'anni. Sono  Bagolaro e Acero X,
al bordo della vasca di raccolta.


* 1)🎺🎺🎺Il titolo di highlander va all'invincibile, sempreverde Spacasas, Celtis australis! Una sicurezza. Sopporta l'aridità, no malattie importanti, cresce più veloce delle querce e dura a lungo!
La propagazione spontanea per seme è abbondante.

* Secondo posto! a sorpresa! per… Leccio e Alloro, inossidabili, pochi ma buoni! Quercus temporeggia placido; Laurus si propaga virtuoso.

* Terzo posto una roccia, un po' spinoso, Marusticano!!! Prunus cerasifera cresce veloce e fa frutti.

* quarti, in affanno ma presenti, buona massa: querce, Frassino minore,Opi (Acer campestre), gelsi. Vorrebbero tutti un po' più d'acqua ma resistono, si propagano, qualche perdita.

* In netta affermazione,, forte di recenti successi appare ora Olivo!!! 😳 O-LI-VO!!! O-LI-VO!!! Sbucano piccoli oliveti nei dintorni. Una cosa mai vista. Raccolgo i primi kg di olive da una mia pianta.

* Amarena, intramontabile, a seguire tra i frutti. Cresce discretamente, si propaga facilmente, dà qualcosa anche senza farci nulla.


* Menzione speciale per Olmo. È il più veloce a crescere e si propaga bene, ma soffre di grafiosi e per lo più non dura.
5, 10, massimo 20 anni poi ciao. Si secca. Cresce da solo, va a nastro poi si secca.
Esistono specie e varietà, all' interno del genere Ulmus, maggiormente resistenti. Nei paraggi c'è un olmo di cinquant'anni; nel mio sito 2 piante  arrivano a 30 anni.

* Giuggiolo, fichi, solo in posizione assolata. Mandorli e nespoli giapponesi fioriscono di poco troppo presto.
* Meli, peri, prugne, albicocche ecc hanno bisogno di acqua nella stagione giusta per fruttificare appieno. (genio)
* Pioppi: possono dare soddisfazioni solo nelle posizioni dove si accumula l'acqua.

* Tasso vorrebbe più umidità ma tira avanti. In posizioni ombreggiate .può dire la sua.
* Tiglio: due andati di là dal ponte, su due.
* Noci: una strage continua. Vuole più acqua
* Altri aceri: Opi e Acero X a parte, uno stillicidio
* Cedro del Libano: vogliono più acqua, andati due su tre
* Noccioli: vogliono più umidità e acqua in primavera estate. Strage senza pietà
* Pinetti da siepe (Cupressocyparis?) Non Adatti
* Bosso: andati tutti da tempo, la piralide direi.